La retorica manageriale corrente è una iattura, ne sono convinto. È retaggio di una visione delle persone che contempla l’applicazione del principio dell’imbonitore: a condizione di saperla dire, qualunque sciocchezza può essere creduta: il management a la Vanna Marchi.

La retorica in questione si concreta in molti modi: dalle carte dei valori, a certi manifesti che talora si ama appendere nei corridoi degli uffici, a certe formule lise che alcuni “leader” amano ripetere a pappagallo, perché ritengono che il dirle consenta ai follower di identificarli.

Una delle più assurde tra queste formule di comunicazione rituale è quella a cui faccio riferimento nel titolo e secondo la quale: “i problemi sono opportunità”.

Proviamo a ragionare. Una opportunità è un evento benefico futuro probabile, cioè di accadimento incerto. È dunque l’inverso di un rischio, il quale è un evento futuro probabile dannoso. Per esempio, in un progetto volto a mettere sul mercato un nuovo prodotto, una opportunità è quella che si concreta qualora, finendo il progetto prima della data inizialmente stimata, il ritorno dell’investimento sia anticipato. Infatti questo mi mette a disposizione delle risorse che potrei utilizzare in diversi modi, per esempio per potenziare la campagna di comunicazione senza costi aggiuntivi rispetto al piano iniziale, o per gestire meglio dei rischi.

Un problema è la differenza tra due stati in un sistema: quello effettivo e quello desiderato. Dunque se volessimo interpretare alla lettera l’affermazione in parola ci troveremmo a dover valutare se è vero che “la differenza tra lo stato attuale indesiderato e quello futuro desiderato può essere un evento futuro probabile benefico”. Ora, una differenza tra stati è qualcosa che attiene allo stato del sistema mentre un evento attiene alla dinamica di un sistema, perciò l’affermazione, presa alla lettera, è evidentemente FALSA. Potremmo provare a parafrasarla osservando che un evento può essere la causa di una differenza tra stati e affermare che: “le opportunità possono causare problemi”. Per quanto possa sembrare paradossale l’affermazione è vera: se il progetto finisce anticipatamente il fatto che le risorse si siano liberate rende necessario impiegarle diversamente per “cogliere l’opportunità”: il problema è la differenza tra come sono impiegate e come vorremmo che lo fossero. In ogni caso, sospetto che chi va in giro a dire che i problemi sono opportunità non intende affermare che le opportunità possono causare problemi. Insomma, se uso il linguaggio in modo rigoroso, per quanto mi sforzi, non riesco a dare alcun senso alla famosa affermazione.

Ma già mi pare di sentire l’obiezione: quella affermazione non va intesa alla lettera: va interpretata, perbacco! Dobbiamo coglierne il potere suggestivo, apprezzare la potenza espressiva dell’ossimoro! Se non lo facciamo rischiamo di dover convenire con la gustosa striscia di Dilbert, di fare del facile sarcasmo. Insomma, questa è poesia: gli occhi ridenti e fuggitivi che ci racconta Leopardi certo non possono ridere e men che meno fuggire.

Cosa potrà mai voler dire il nostro manager poeta? Provo ad interpretarlo con benevolenza. Vuole forse dire che, quando non ci sono problemi, i nostri bisogni sono tutti soddisfatti, poiché, in base alla definizione, le cose stanno proprio come vorremmo che stessero: non c’è differenza tra stato attuale e stato desiderato. Ciò vuol dire che ci accontentiamo, non cerchiamo uno stato che ci porti una maggiore soddisfazione. Per esempio, sono felicemente sposato e non penso che con un’altra donna potrei essere più felice: mi accontento. Supponiamo che si verifichi un evento che altera lo stato attuale: mia moglie scappa col mio migliore amico; o quello desiderato: mi innamoro perdutamente di un’altra donna che mi detesta. Uno di questi eventi mi porta nello stato di bisogno insoddisfatto: ora sono infelicemente sposato. Questa sofferenza mi spinge ad agire. Nel farlo, per esempio, mi guardo intorno e magari scopro che una donna meravigliosa, che non avrei mai guardato prima, mi ama in silenzio, segretamente ed è pronta a sostituire la mia fuggita moglie. O magari che il rifiuto subito dalla donna che mi detesta mi fa comportare in modo tale da indurre mia moglie a capire che deve fare di più di quanto ha mai fatto e la trasforma in una persona molto più amabile e desiderabile di quanto non fosse prima. Ripassando dal caso particolare alla legge generale: l’agire in reazione a un disagio può fare accadere in futuro un evento benefico:

Cercare una soluzione a un problema può portare opportunità”.

Questa affermazione la sposo in pieno ed è un ottimo argomento da usare di fronte a una persona che tarda ad agire di fronte a un problema sperando che si risolva da se: invece di cercare di incontrare un’altra donna resto a crogiolarmi nel mio dolore sperando che mia moglie si impietosisca e torni casa.

Mi rendo conto che come poeta non sono gran ché, ma mi sforzo di rendere suggestiva la mia affermazione corretta ma freddina:

Le soluzioni possono portare opportunità

è ancora freddina e lunghetta, riproviamo:

Le soluzioni sono opportunità

Che dite: ci siamo? No? Capisco: non andreste in giro in azienda a dire che le soluzioni sono opportunità. Sembra una banalità, un truismo. Già, perché la gente tende proprio a pensare che le soluzioni siano opportunità non che i problemi lo siano: chissà perché… Avrà a che fare col fatto che il problema causa insoddisfazione e sofferenza, mentre la soluzione le elimina? Ma se voglio essere un manager suggestivo non devo dire ovvietà, devo essere poetico!

Ragioniamo allora in termini di efficacia della comunicazione. Dicendo che i problemi sono opportunità, cosa posso aspettarmi di suscitare nelle persone che ascoltano? Ci sono due ipotesi: se si tratta di persone “suggestionabili”, pronte a credere a Vanna Marchi, si sentiranno motivate, ma probabilmente non avranno l’intelligenza e le capacità necessarie a portare risultati importanti. Se al contrario si tratta di persone intelligenti e capaci, penseranno che le sto prendendo in giro. Come faccio ad affermare che la differenza in azienda la fanno le persone e poi trattarle sistematicamente come se fossero imbecilli?

E se invece il manager dovesse riconoscere che i problemi sono fastidiosi? Non sarà che quella poesia nasconde un pensiero ben diverso: “non scocciare”? Non sarà che i problemi che il manager poeta definisce opportunità sono i problemi degli altri? Il bello è che l’argomento si ritorce contro chi lo usa: se un problema è una opportunità il fatto che io ti venga a scocciare con i miei è una opportunità per te: lo sottoscrivi?

Supponiamo ora che un bravo manager, che voglia essere anche un leader, cerchi il modo di comunicare che la ricerca delle soluzioni può portare opportunità, senza dire che le soluzioni o i problemi sono opportunità, cioè senza banalizzare ne offendere. Cosa può dire? Forse non deve dire nulla: forse deve agire. C’è una bella scena ne film Vatel interpretato da Depardieu nei panni del grande maestro di cerimonie del Principe di Condé. Un solerte collaboratore lo tedia con i suoi problemi, gli dice che più di metà delle uova con cui devono fare la crema pasticcera per il banchetto che dovrà deliziare Luigi XIV sono marce. Vatel non risponde, agisce e inventa la crema Chantilly, poi dice a quel collaboratore di “vendersela”, a chi glielo chiedesse, come una ricetta segreta, non come un rimedio al fatto che non fossero stati capaci di approvvigionarsi: questo è un comportamento poetico.

Riassumo:

  1. I problemi sono… problemi e il disagio che creano merita rispetto. Non è certo negandolo che si motivano le persone a cercare soluzioni.
  2. La retorica poetica rende offensive le affermazioni false e banalizza quelle vere: meglio evitarla e parlare chiaramente, chiamando le cose col loro nome.
  3. Un leader di fronte ad un problema non dice cose poetiche, ma si comporta in modo poetico.